Con sentenza emessa in data 4 febbraio 2015, il Tribunale di Bologna ha definitivamente riconosciuto l’applicabilità del rimedio previsto dall’art. 2409 c.c. (il ricorso al tribunale per la denunzia di gravi irregolarità gestorie) anche in relazione alle s.r.l.
Nella richiamata sentenza è stato statuito che la chiara opzione del legislatore di creare un sistema societario ove la s.r.l. e la s.p.a. corrispondono a due modelli distinti, così come il chiaro intento di privatizzare il controllo societario in favore dei singoli soci della s.r.l., non possono giustificare la preclusione di tutele giurisdizionali a fronte di situazione patologiche e foriere di nocumento per l’ente sociale.
L’organo giudicante ha reputato che la contrarietà espressa dal legislatore del 2003 alla estensione del potere ex art. 2409 c.c. alle s.r.l. e l’eliminazione dell’espresso riferimento al 2409 c.c. dapprima contenuto nell’art. 2488 c.c., non rappresentino argomenti decisivi per poter affermare che il legislatore abbia inteso escludere radicalmente l’esperibilità del ricorso ex art. 2409 c.c. in presenza di determinate circostanze.
A sostegno di tale tesi è stato evidenziato che la peculiarità di certe s.r.l. rispetto al modello ideale della riforma, è già implicitamente riconosciuta dal legislatore all’art. 2477 c.c., laddove sono previsti i casi di nomina obbligatoria del collegio sindacale.
A conferma di ciò si consideri inoltre che il procedimento giudiziario ex art. 2409 c.c. è applicabile per le s.r.l. sportive ex L. 91/1981.
Alla luce delle considerazioni suesposte appare evidente che in taluni casi il legislatore ha avvertito l’esigenza di garantire un controllo esterno alla compagine sociale della s.r.l., per cui non può escludersi che in presenza di peculiari circostanze sia possibile ricorrere alla tutela prevista dall’art. 2409 c.c. anche in relazione alle s.r.l.
La sentenza del Tribunale di Bologna ha affrontato poi il tema delle s.r.l. dotate di un unico socio che riveste la carica gestionale e che si sia reso responsabile del compimento di gravi irregolarità di gestione.
Ebbene in quest’ultima ipotesi, precludere ai sindaci il potere di controllo ex art. 2409 c.c. esporrebbe la società (ma soprattutto i terzi) a un elevato rischio di depauperamento del patrimonio sociale.
Le conclusioni rassegnate dal Tribunale di Bologna appaiono condivisibili non soltanto sotto il profilo puramente normativo, ma anche con riguardo a quello sostanziale.
Orbene, in ordine all’aspetto normativo, il percorso logico seguito nella sentenza del 2015 non appare censurabile in quanto, l’attuale richiamo contenuto nel testo dell’art. 2477 c.c. (così come modificato nel 2012) alle “disposizioni sul collegio sindacale previste per le società per azioni”, consente di ritenere applicabile alle s.r.l. munite di collegio sindacale obbligatorio, l’art. 2409 c.c., che è collocato proprio nel paragrafo del cod. civile dedicato al collegio sindacale delle s.p.a.
Pertanto, può ritenersi superata la censura espressa dalla Corte di Cassazione, la quale aveva escluso l’applicabilità dell’art. 2409 c.c. sulla base della mera genericità del rinvio contenuto del vecchio testo dell’art. 2477 c.c., che richiamava le disposizioni in tema di società per azioni e non specificamente quelle dettate per il collegio sindacale (Corte di Cassazione, sentenza n. 403 emessa in data 13 gennaio 2010).
Sempre in merito al profilo normativo, può ritenersi superata anche la tesi relativa alla superfluità e alla contraddittorietà nelle s.r.l. del ricorso ex art. 2409 c.c., che la Relazione al D.lgs. del 2003 e parte della giurisprudenza di merito avevano erroneamente fondato sulla presenza nelle s.r.l. dell’analogo rimedio cautelare previsto dell’art. 2476 c.c., 3° comma.
Infatti, la legittimazione a promuovere il predetto ricorso cautelare per ottenere la revoca dell’amministratore in presenza di gravi irregolarità gestorie, compete esclusivamente ai soci e non anche al collegio sindacale.
Pertanto, sottrarre al collegio sindacale di una s.r.l. la possibilità di adire il Tribunale ai sensi dell’art. 2409 c.c., oltre a determinare un’evidente disparità di trattamento tra i sindaci delle s.p.a. e delle s.r.l., priverebbe le s.r.l. di dimensioni più elevate (con nomina obbligatoria del collegio sindacale), di un efficace strumento di tutela attivabile su istanza di un organismo collegiale dotato di maggiori competenze tecniche rispetto a quelle dei soci.
A tal riguardo non può condividersi la spiegazione offerta dalla Cassazione, che ha ritenuto che il collegio sindacale delle s.r.l. “…avrebbe compiti di controllo incentrati più sui profili contabili (arrt. 2476 e 2477 c.c.), anziché su quelli di corretta gestione e legalità, rispetto ai quali deve essere concentrata l’attenzione del collegio sindacale delle società per azioni”, in quanto una simile interpretazione si pone in palese contrasto con la funzione di vigilanza propria del collegio sindacale.
Con riferimento all’aspetto sostanziale, la tesi suggerita dal collegio bolognese convince sotto molteplici aspetti.
Innanzitutto, il tribunale de quo sembra aver finalmente compreso che il modello ideale di s.r.l. delineato dal legislatore del 2003, in base al quale le predette società erano concepite come imprese personali di medio-piccola dimensione con una marcata impronta privatistica, deve ritenersi ormai superato.
Infatti, la concezione della s.r.l. come società fiduciaria, nella quale il baricentro dei controlli sulla gestione era spostato a favore dei soci, deve necessariamente fare i conti con la mutata realtà societaria che ha visto l’affermarsi di società a responsabilità limitata con caratteristiche similari alle società per azioni.
Del resto, detto mutamento era già stato avvertito nel 2010 dal Tribunale di Milano, il quale aveva sancito la necessità di garantire un’adeguata forma di controllo pubblico per quelle s.r.l., che per dimensioni, fatturato e caratteristiche si avvicinano al modello proprio delle s.p.a. (Trib. Milano, 26 marzo 2010, in Giur. Comm., 2011, II, p. 499 ss.)
Si può quindi affermare che quando le dimensioni dell’impresa sociale crescono al punto tale da richiedere la redazione di un bilancio consolidato, ovvero quando l’impresa è esercitata attraverso un gruppo di società (in cui una società controllata è soggetta alla revisione contabile), o ancora quando per due esercizi consecutivi l’impresa supera i limiti indicati nell’art. 2435 bis c.c., è necessaria la nomina di un organismo indipendente, composto da soggetti professionalmente qualificati e dotato di particolari poteri (ivi compreso quello di ricorrere all’art. 2409 c.c.) che garantisca un adeguato controllo sull’esercizio dei poteri gestori.
La ratio di tale previsione risiede nell’esigenza di tutelare più efficacemente i terzi direttamente coinvolti nell’attività imprenditoriale della società (creditori e lavoratori).
Difatti, detti soggetti non sarebbero adeguatamente tutelati dai soci che evidentemente risultano titolari di interessi personali talvolta confliggenti con quelli dei terzi estranei alla compagine sociale.
Il caso più emblematico è rappresentato dalla società dotata di un unico socio che riveste la carica gestionale, nella quale la presenza del collegio sindacale obbligatorio pone a riparo i terzi dal rischio di un illegittimo depauperamento del patrimonio sociale realizzato dal socio-amministratore.
Alla luce delle considerazioni sopra svolte, appare evidente come la presenza obbligatoria dei sindaci per alcune categorie di s.r.l. abbia definitivamente spostato il baricentro del controllo della gestione dai soci ai sindaci.
Infine, merita un cenno anche l’ulteriore caso in cui la società a responsabilità limitata, pur in assenza dei requisiti individuati dall’art. 2477 c.c., decida di istituire al suo interno un collegio sindacale.
Ebbene in tale ipotesi si può privare il collegio sindacale dello strumento di tutela previsto dall’art. 2409 c.c.?
La risposta al quesito sopra prospettato non può prescindere da alcune considerazioni sulla natura e sulla funzione propria del collegio sindacale, che viene comunemente inquadrato tra quelli che gli americani chiamano i gatekeepers, ovverosia “i guardiani” che monitorano le attività imprenditoriali nell’interesse del mercato (es. società di rating, revisori dei conti, autorità di vigilanza).
Orbene, sottrarre ai sindaci delle s.r.l. l’efficace strumento previsto dall’art. 2409 c.c., svilirebbe la loro funzione primaria di controllo sull’attività amministrativa, determinando gravi conseguenze anche sul piano processuale.
Infatti, gli stessi sarebbero responsabili in solido con gli amministratori per le irregolarità e le omissioni non rilevate ai sensi dell’art. 2407 c.c. e non potrebbero evitare di incorrere in simili responsabilità attraverso lo strumento di cui all’art. 2409 c.c.
Tale dicotomia tra il collegio sindacale “obbligatorio” e quello cd. “facoltativo”, determina un’ingiustificata disparità di trattamento.
Pertanto, si auspica un intervento del legislatore che, preso atto del mutato assetto societario, introduca espressamente la possibilità di esperire il ricorso ex art. 2409 c.c. per tutte le s.r.l. (così come era previsto nel vecchio testo dell’art. 2488 c.c.).
Nell’attesa di un simile intervento, i soci delle s.r.l. che decidono di adottare un collegio sindacale, potrebbero inserire negli statuti societari, ovvero in patti stipulati ad hoc con i sindaci, apposite clausole che legittimino i sindaci ad esercitare poteri analoghi a quelli previsti dall’art. 2476 c.c., al fine di meglio tutelare le attività imprenditoriali nei confronti dei terzi.